Oltre agli articoli riguardanti la moda, il galateo, la cura personale e lo stile di vita, voglio iniziare a raccontarvi alcune altre storie… storie d’amore veramente speciali, che mi hanno particolarmente emozionato. Sono storie vere, dove io, personalmente, ne ho conosciuti i personaggi protagonisti. I nomi sono di fantasia, ciò, per garantire loro l’ovvia riservatezza… soprattutto per i bambini.
Ecco la storia di Marco e Irene.
(C’era una volta …)
“La cuccia l’hai caricata?” chiese Irene mentre stava sistemando gli ultimi vestiti nella valigia.
“Certo cara, come potrei dimenticarmi? Ho caricato pure 10 pacchetti di crocchette che dovrebbero bastare per quasi due mesi di soggiorno in Ungheria” rispose Marco fiero come un pavone.
Caricarono due valigie e un’altra con tutti i vestitini per i bambini. In un cartone misero i medicinali e tutto quello che poteva servire come prima necessità… tutto in quantità superiore in modo da poterne lasciare all’orfanotrofio in cui sarebbero andati: pannolini, creme idratanti, creme anti-arrossamento, dentifrici, spazzolini, detergenti corpo, salviettine, vitamine e tutto ciò che si ritiene utile a bambini e ragazzi.
Marco aveva fatto il pieno di carburante già la sera prima, per poter utilizzare i punti che gli restavano del concorso Shell. Davanti a loro poco più di 1000 km, quasi 10 ore di viaggio senza considerare le soste. Nulla a confronto della felicità che provavano e dell’amore che avevano da dare.
L’indomani, ore 6 del mattino Marco, Irene e Fufi il cagnolin a bordo di una Multipla color verde metallizzato partirono alla volta di Budapest in Ungheria.
Era una bella giornata primaverile, il sole alto ad accompagnarli nella loro avventura.
Qualche kilometro dopo il confine si fermarono in un Autogrill nei pressi di Postumia in Slovenia e precisamente nella località di Stara Vas, mentre Marco preparava le crocchette per il cane, Irene si cimentava nella preparazione di due panini con pane toscano e prosciutto di Parma.
Verso sera arrivarono nell’appartamento al 25 di Akadémia Utca, non tanto distante dal Danubio e dalla Metropolitana Kossuth Lajos Ter.
L’appuntamento con la Dottoressa Kovacs, l’assistente della Direttrice dell’Orfanotrofio era previsto per l’indomani alle 10.
Irene aveva 28 anni, una bellissima ragazza con i capelli nero corvino a boccoli, lavorava come segretaria in un’azienda famigliare nella provincia senese. Aveva conosciuto Marco, alla festa di Santa Caterina da Siena nella Contrada dell’Oca. Marco, un bel ragazzo di 33 anni, da sempre partecipava come volontario alla realizzazione di questa Festa simbolo della Contrada. Di mestiere era meccanico e lavorava in un’officina nella zona industriale della città.
Uno scambio di sguardi, Marco le offrì un bicchiere di Chianti e Cupido fece il resto.
Sin dai primi istanti fu un amore molto intenso, si frequentarono quasi giornalmente per 5 anni dopodiché l’8 maggio 2005 nella Cattedrale di Pienza coronarono il loro sogno: si sposarono.
Fin da bambina Irene ha sempre avuto il desiderio di creare una bella famiglia numerosa, un desiderio che è cresciuto sempre di più dopo il matrimonio. La voglia di trasmettere il loro amore ad un figlio è sempre stato presente e il desiderio di diventare genitori cresceva con il passare del tempo. Purtroppo dopo mesi e mesi di tentativi, la tanto desiderata gravidanza, non arrivava mai.
Il mancato coronamento di un sogno, il desiderio di una vita, portò nella coppia sentimenti di ansia, sensi di colpa, isolamento, perdita di interessi, difficoltà di concentrazione, pensieri negativi, difficoltà nel dormire e cambiamenti nelle abitudini alimentari e sessuali. Anche l’intimità perdeva di senso, ogni rapporto sessuale era un appuntamento programmato, meccanico e ansioso finalizzato solo a procreare e il loro obiettivo si allontanava sempre più.
Pianti e rabbia… disillusione e tristezza.
Un senso di diversità e non accettazione, un sentimento di inadeguatezza preponderante aveva avvolto la coppia. Iniziò così una sorta di isolamento inconscio preferendo, così, coppie simili a loro senza figli, con altri interessi… con caratteristiche differenti.
Irene, negli ultimi tempi, aveva involontariamente escluso Marco, anche dalla routine delle visite, che ormai viveva come un peso da gestire in solitudine.
Tutto questo bagaglio di amarezze portò così la coppia a consultare un medico specialista per procedere ad analisi più approfondite. Una serie di esami ad accertamenti si susseguirono fino ad arrivare al verdetto triste e tranciante: “Siete una coppia fantastica, ma purtroppo la cicogna farà fatica a trovare casa vostra!”
I progetti e i sogni costruiti in passato sembrarono sbriciolarsi e scomparire. La coppia venne messa a dura prova, essere genitori era il loro scopo e l’impossibilità di poterlo diventare la loro croce.
Ed fu così che, dopo lunghe discussioni, i due arrivarono alla fatidica decisione di adottare un figlio.
Si rivolsero al Tribunale della città per chiedere all’ufficio cancelleria la “dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale” compilando e consegnando tutti i documenti richiesti. Per vari mesi gli assistenti sociali degli Enti Locali fecero verifiche e accertamenti per valutare l’idoneità ed infine li misero a conoscenza delle condizioni di vita dei paesi di provenienza dei bambini in genere.
Dopo una prima convocazione al Tribunale venne rilasciato loro il decreto di idoneità. Si recarono così all’ente autorizzato, precedentemente comunicato dal Tribunale. Si susseguirono, così, una serie di incontri con psicologi e assistenti sociali aventi come finalità la possibilità di preparare i futuri genitori adottivi. Non mancarono ansie e timori per l’età, l’aspetto, lo stile di vita… tutto sembrava essere un ostacolo, un problema… un vincolo. Dovettero lavorare ed impegnarsi su se stessi, elaborare le loro aspettative e frenare le fantasie, consci anche del fatto che, bambini senza passato non ne esistono.
– “Irene? Sono la Dottoressa Colizzi”
– “Oh buongiorno Dottoressa” rispose Irene.
– “Volevo dirle che abbiamo esaminato tutti i documenti e saremmo in grado di farvi una proposta per un bambino che riteniamo ideale per la vostra coppia” aggiunse la Dottoressa.
Marco, vedendo negli occhi la reazione di Irene, la raggiunse abbracciandola e togliendole la cornetta.
– “Potete passare anche domani, sarò in ufficio tutta la mattinata, per le 10:00 andrebbe bene?” propose la dottoressa.
– “Benissimo Dottoressa Colizzi, perfetto, a domani!” rispose Marco.
– “Grazie infinite, Dottoressa! “conclusero Irene e Marco.
All’indomani nell’ufficio della Dottoressa Colizzi:
-“Il bambino si chiama Igor, ha 6 anni e da 3 anni si trova in orfanotrofio, assieme ai suoi fratellini gemelli di 3 anni. Sono stati prelevati tutti da una famiglia molto problematica che, oltre a situazioni educative carenti, versava in gravi condizioni, sia economiche sia sociali. Sono molto uniti e i gemellini non riuscirebbero ad affrontare un ulteriore grande distacco, per questo quello che vi propongo è una triplice adozione”.
Irene e Marco si guardarono fissi negli occhi e Marco esortò dicendo:
– “Dove mangia uno mangiano anche in tre”.
Gli occhi di Irene gonfi di lacrime si riempirono di gioia e si buttò nelle braccia di Marco.
-“Quindi mi sembra di capire che posso procedere!” disse la Dottoressa Colizzi.
“Mi servono solo due giorni per sbrigare le pratiche, poi potete organizzarvi per andare a Budapest ed incontrare i bambini”. Concluse la Dottoressa.
-“Come forse sapete il tutto dura circa 40-45 giorni, pochi giorni per visitare la struttura dove i bambini sono alloggiati e 30 giorni per stare con loro, per permettere di conoscervi” precisò la Dottoressa.
Quel giorno, cominciato male… si concluse, invece, con questa splendida notizia, questo raggio di sole che scaldò il cuore di Marco e Irene.
Certo che… entrare con l’idea di adottare un bambino ed uscire con tre figli…creò nella coppia un’esplosione di sentimenti: gioia, si… attesa, anche ma… sicuramente paura e ansia.
Il giorno dopo l’arrivo a Budapest, puntualissimi si presentarono, come d’accordo, all’ufficio dove incontrarono la Dottoressa Kovacs. Dopo aver firmato i documenti di prassi si recarono, accompagnati dalla Direttrice, all’orfanotrofio.
– “Mi presento, sono la Dottoressa Boldog, direttrice dell’Istituto, parlo abbastanza bene italiano” disse la Direttrice.
– “Venite che andiamo dai bambini! “continuò la Direttrice.
Arrivati davanti ad una porta grande in legno massiccio, la Direttrice entrò. Una trentina di bambini di età compresa tra i 2 e 14 anni erano seduti in terra … sparsi nello stanzone freddo e immenso.
– “Igor!” con voce decisa gridò la Direttrice.
Un bambino biondo e pallido si fece avanti con passo deciso.
-“Itt vagyok, igazgató asszony!” (Eccomi, Signora Direttrice!).
-“Ezek az uraim, amiről beszéltem!” (Questi sono i signori, di cui ti parlavo) replicò la Direttrice.
-“Bongiorno. Io mi chiamo Igor” disse il bambino con un accento marcato e fiero di sé. Sapendo dell’arrivo dei genitori italiani, si era fatto insegnare alcune frasi elementari.
Da dietro una vecchia poltrona con i braccioli scoloriti dal tempo spuntarono due creature che si aggrapparono alla cintura di Igor.
-” Igen, itt az ideje enni! Menj mossa meg a kezét! Ott leszek! (Sì, è ora di mangiare, andate a lavarvi le mani! Arrivo subito!) disse Igor a fratellini gemelli Ana e Gabor accarezzando loro il viso,.
-” El tudok menni, igazgató? Segítem nekik enni” (Posso andare adesso, direttrice? Devo aiutarli a mangiare).
-“Nem, Igor. Most gondoskodunk róla!” (No, Igor. Adesso ce ne occuperemo noi!)
Vedendo scendere le lacrime, dalla felicità, dagli occhi di Igor, il cuore di Irene e Marco si riscaldò, non riuscirono nemmeno loro a trattenersi e si abbracciarono piangendo.
Anche la Direttrice e la Dottoressa si commossero.
-“In questi giorni vi mostrerò la struttura dove in questi anni i bambini hanno vissuto!” disse la Direttrice.
-“Poi, come sapete, trascorrerete quasi un mese con i bambini, qui, a Budapest in modo da conoscervi” continuò.
-“Certo siamo al corrente” dissero Marco e Irene abbracciandosi.
– “Ok, seguitemi che cominciamo la visita”.
Nelle giornate seguenti fu un continuo carosello di emozioni per la nuova famiglia a 5 elementi più un cane. Anche Fufi era molto soddisfatto dell’arrivo dei nuovi “padroncini”. Visitarono la struttura ed ebbero la possibilità di visitare alcuni luoghi nei pressi di Budapest, addirittura trascorsero alcuni giorni al lago di Balaton, era la prima volta che quei bambini vedevano un lago. Le giornate erano ricche di momenti affettuosi e divertenti, soprattutto quando cercavano di far parlare in ungherese i nuovi genitori, una lingua per loro totalmente incomprensibile.
Dopo circa quaranta giorni dall’arrivo in terra magiara e dopo aver ottenuto tutti i documenti per l’espatrio, arrivò il momento di partire per l’Italia.
Quel giorno, dopo aver chiuso l’appartamento e lasciate le chiavi alla portinaia… Marco, Irene e Fufi passarono all’orfanotrofio, dove i tre fratellini Igor, Gabor e Ana, vestiti da cerimonia erano pronti e per il lungo viaggio verso la nuova vita.
-“Pronti? Si parte! Gridò Marco alzando il pugno in aria.
-“Mami papi, io mamma Fufi, sìììì??? Chiese Ana soddisfatta.
-“E io, papà, sììì?” Urlò Gabor.
Oggi Igor ha 16 anni e i fratellini Ana e Gabor 13, da 10 anni con i nuovi genitori sono totalmente integrati in una realtà italiana, senza rinnegare la loro origine nè la lingua madre… la loro storia, difficile che sia stata… rimane quella.