La comunicazione verbale è determinante nei rapporti con le altre persone. Ma ci sono vari modi per metterla in pratica e l’esperienza insegna quali vocaboli o modi di dire si rivelano spesso inopportuni.
Dopo essermi immerso nel libro L’arte di comunicare (Ed. Riza) di Vittorio Caprioglio, voglio riassumerne in questo articolo alcuni concetti a mio parere fondamentali. Il modo in cui parliamo è assolutamente importante se pensiamo che una semplice parola può far interrompere o precludere una buona relazione. Al tempo stesso una parola carina, cordiale o cortese al momento giusto può gettare le basi per un buon rapporto futuro. La parola è il modo verbale che esprime i nostri sentimenti, le nostre speranze, i nostri sogni, e le nostre intenzioni; racchiude in sé un’energia che agisce su di noi e sull’ambiente circostante. Anche se uno studio ha rivelato, che la comunicazione verbale rappresenta solo il 7% dello scambio comunicativo è importante sottolineare che la ricerca del vocabolo giusto al momento giusto merita attenzione. Una parola sbagliata può ferire, in certi casi condizionare o comunque metterci in una situazione di disagio. Così come il “non detto” o il “detto troppo” può causare stress. Dobbiamo quindi liberarci della parola giusta solo nel momento in cui riteniamo sia quella giusta, in caso di dubbio dovremmo preferire il silenzio.
Le principali tipologie di parole
Vi ricordate il detto: “Ne uccide più la lingua che la spada”? O la mitica frase detta da Nanni Moretti “Le parole sono importanti”? Ebbene, teniamo sempre conto di questi due insegnamenti e riflettiamo sempre prima di parlare, così da non correre il rischio di parlare a sproposito. Ecco quali sono le tipologie di parole da tenere presenti.
Le parole imprinting
Ci sono parole che se ripetute continuamente nei confronti di una persona possono trasformarsi in una vera “condanna” per quest’ultima. Pensate per esempio ai soprannomi che vengono affibbiati dai genitori ai loro figli: “pagnottella”, “panciottello”, “sorcietto”, “fannullone”,”sbadato”, “disordinato” e altri simili possono trasformarsi in un’etichettatura gratuita e indelebile di cui sarà difficile sbarazzarsi. Al punto tale che la scienza afferma quanto questo meccanismo malsano generi nei bambini un’autoconvinzione e il rischio reale di identificarsi in tali prototipi. Evitiamo quindi di utilizzare queste parole in pubblico, perché se l’intento è quello di spronarli il risultato che otterremo sarà l’esatto contrario.
Lo stesso discorso vale anche per gli adulti: soprattutto se utilizzate in un ambiente lavorativo, le parole imprinting scatenano una indelebile riduzione dell’autostima.
Le parole “più di…”
Nelle conversazioni spesso si fanno involontariamente dei paragoni e si usa frequentemente il termine “più di…”: Lui è più bravo di te” o “Lei è più carina di me”. Questa frase, che apparentemente può sembrare ingenua, in realtà è ansiogena e fonte di stress perché porta al confronto con la perfezione, che come ben sappiamo è impossibile da raggiungere. Anche parole come “mai” o “sempre” devono essere utilizzate con molta parsimonia, perché pesano come macigni e spesso trasmettono un disagiodifficile da superare.
Le parole “non dette”
Quante volte avremmo voluto dire certe cose in certe situazioni e non ci siamo riusciti. Il risultato è che queste parole “non dette” continuano a ronzarci in testa creando tensione e rabbia. Rischiano addirittura di trasformarsi in veri e propri stati di malessere che causano attacchi di gastrite improvvisa. Evitiamo quindi di roderci lo stomaco e cerchiamo invece di esprimere quello che realmente pensiamo, nel modo più corretto e civile possibile.
Le parole “inconsapevoli”
Sono quelle che non avremmo mai voluto dire, le famose parole di troppo che una volta pronunciate ci fanno rimpiangere di non essere stati zitti. Purtroppo succede abbastanza frequentemente e tormentano il nostro inconscio perché agiscono nel profondo. Frutto di una reazione istintiva e ingenua del nostro subconscio, sono spesso proprio loro la causa di imbarazzanti gaffe. Di positivo c’è solo il fatto che esprimono quello che realmente proviamo nel preciso momento in cui le pronunciamo.
Le parole “false”
Spesso, nelle conversazioni o nei messaggi, pronunciamo e scriviamo parole di circostanza, che come tali, non esprimono sinceramente il nostro stato d’animo. Ricordate sempre che se le parole affettuose non sono davvero sentite possono creare false illusioni che a lungo andare possono portare a stati depressivi e dolorosi. Occorre dunque riflettere attentamente e fare attenzione nella scelta delle parole per rispettare la sensibilità del destinatario.
Le parole “emicraniche”
Queste parole vengono tipicamente utilizzate da coloro che sentono la necessità di esprimersi chiaramente sempre su tutto perché vogliono essere certi di essersi spiegati bene. Sostanzialmente il discorso dev’essere chiaro e logico, niente dev’essere lasciato al caso. È importante affidarsi maggiormente alla spontaneità ed evitare di controllare tutto e tutti.
Le parole “grasse”
Vengono pronciate da chi vive un continuo rapporto con la dieta alimentare. Fateci caso, queste persone in genere abbondano di vezzeggiativi del genere “Ciccino”, “Trottolino” “Tesoruccio”, eccetera. Queste persone hanno una continua lotta interiore tra il trattenersi nel mangiare e il lasciarsi andare alla trasgressione alimentare. Meglio non pensare al cibo e utilizzare un linguaggio più essenziale perchè l’ossessione per la dieta blocca le energie del metabolismo e crea una frustrazione interiore..
Le parole “passatiste”
Ne fa uso chi rimpiange il passato. Le frasi tipiche sono: “mi ricordo quando si stava meglio…”, “potessi tornare a 20 anni…”, eccetera. Il rievocare, ma soprattutto il rimpiangere il passato, inquina e impedisce la positività e la gioia verso il futuro. Il tono della voce e la comunicazione si smorzano. Parlare e pensare sovente al passato crea sfiducia e depressione, quindi fatelo solo una tantum e in modo ironico.
Le parole “ansiogene”
Vengono spesso accompagnate da frequenti punti di domanda che esprimono un’inconscia preoccupazione che si riflette anche sulla salute fisica del soggetto che le pronuncia, causando in esso ipertensione, tachicardia e ipersudorazione. Frasi del tipo “dobbiamo organizzare il tutto prima …” o “vorrei evitare brutte sorprese” sono tipiche delle persone ansiose. Fate un bel repiro prima di parlare, ed evitate di utilizzare tanti punti interrogativi e di scusarvi prima di iniziare un discorso.
Le parole “rigide”
Sono tipiche delle persone austere e sicure del loro operato. Persone che si creano una sorta di corazza che dà loro sicurezza. Le frasi più comuni possono essere: “non ho mai cambiato in 50 anni, non penso di cambiare ora…”, “questo è il mio modo di fare …”. Per queste persone sono consigliate delle sedute di ginnastica soft e di pilates in modo da rilassare maggiormente i muscoli addominali, irrigiditi da una postura sempre composta per un eccesso di razionalità.
Le parole “indigeste”
Sono le classiche frasi che restano sullo stomaco. Sarà successo a tanti di non essere riusciti a controbattere a tono durante una discussione. Ebbene, a lungo andare, le parole indigeste creano una tensione interiore pericolosa. Bisogna quindi cercare di far uscire questo malessere interno, anche facendo dei grandi respiri.
Le parole “di rinuncia”
“Beh, è meglio se lascio perdere …”, “non ci riuscirò mai …”, sono le tipiche frasi di coloro che per debolezza o timidezza non riescono a reagire alle provocazioni. Ovviamente questo tipo di atteggiamento porta non solo a un calo di autostima, ma a livello fisico può addirittura provocare eczemi cutanee e alopecia.
Ricordiamoci che nel corso della vita di commenti cattivi, inappropriati o maliziosi ne riceveremo sempre e comunque. E quelli che ci fanno stare più male sono quelli ricevuti dalle persone più care o dalle persone che amiamo che possono lasciare brutte cicatrici che con fatica si possono rimarginare. Affidiamoci dunque all’importante insegnamento del “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” e impariamo a soppesare le parole che pronunciamo, prima di lasciarci andare a espressioni inutili e dannose.